Sabato 27 maggio il Comitato scende in piazza per una grande manifestazione in difesa del sistema sanitario pubblico e per denunciare la politica sanitaria attuata negli ultimi anni dalla Regione Piemonte: taglio dei posti letto, blocco del turnover degli operatori sanitari, mancanza di una politica dei servizi territoriali adeguata, incapacità di risolvere il problema delle lunghissime liste d’attesa...

 Oggi parliamo di liste d’attesa e rinuncia alle cure.

In Italia, si possono aspettare due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento per tumore all’utero che andava effettuato entro un mese, due mesi per una visita specialistica ginecologica urgente da fissare entro 72 ore, sempre due mesi per una visita di controllo cardiologica da effettuare entro 10 giorni.

 In Piemonte ci sono casi in cui si aspettano 10 mesi per una prima visita dermatologica, quasi un anno e mezzo per una gastroscopia programmabile, dai 12 ai 18 mesi per un intervento alla cataratta: sono alcuni esempi, estremi, di tempi di attesa segnalati dai cittadini che lamentano anche disfunzioni nei servizi di accesso e prenotazione, ad esempio determinati dal mancato rispetto dei codici di priorità, difficoltà a contattare il Cup, impossibilità a prenotare per liste d’attesa bloccate.

 In molti casi, la conseguenza di questi tempi d’attesa è la rinuncia a curarsi.

 Abbiamo analizzato i dati ISTAT riguardanti il Piemonte, emersi dall’Indagine sugli Aspetti della vita quotidiana, che contiene una batteria di domande sulla fruizione o meno di prestazioni sanitarie. In particolare, si domanda all’intervistato se negli ultimi 12 mesi ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie (visite specialistiche o accertamenti diagnostici) e per quale motivo. Il dataset contiene inoltre, per chi ha usufruito della prestazione sanitaria, informazioni circa la modalità di pagamento (nessun pagamento, ticket, prestazione pagata interamente di tasca propria oppure rimborsata parzialmente o totalmente da un’assicurazione privata).

 L’analisi è stata effettuata sui tre anni 2019, 2020 e 2021 in modo da coprire un arco temporale pre e post emergenza sanitaria. I micro-dati a livello regionale per il 2022 non sono ancora pubblicati.

Si fa presente inoltre che la stima della quota di popolazione che ha dovuto rinunciare a una visita specialistica o un accertamento diagnostico specialistico fa riferimento al totale della popolazione che ha bisogno di visite specialistiche o esami diagnostici (escluse le visite dentistiche, gli esami del sangue o quelli effettuati durante un ricovero ospedaliero o in day-hospital) e che ha dichiarato di averci rinunciato per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio, incluse le liste di attesa.

 L’analisi ha messo in luce che dal periodo pre a quello post emergenza sanitaria la quota di persone che in Piemonte ha dovuto rinunciare ad una visita specialistica ritenuta necessaria è quasi raddoppiata, passando dall’8,7% nel 2019 al 14% nel 2020, sino al 15% nel 2021. Analoghi risultati emergono per la rinuncia agli esami diagnostici: vi rinunciava il 5% della popolazione nel 2019, nel 2021 questo dato è salito al 9%. Mediamente la quota di quanti rinunciano ad effettuare esami diagnostici è inferiore a quella di chi rinuncia alle visite (forse vengono ritenuti ancor più necessari delle visite).

 Dalle risposte alla domanda sul perché si è rinunciato alla prestazione, emerge in maniera evidente la problematica della barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che solo nell’ultimo anno fanno segnare un aumento di 7 punti percentuali: nel 2020 dichiaravano di aver rinunciato a causa delle liste di attesa il 12% della popolazione, nel 2021 sono il 19% (praticamente 1 paziente su 5).

 L’impossibilità di accedere alle prestazioni sanitarie erogate dal SSR a causa delle liste d’attesa troppo lunghe ha messo in evidenza un ulteriore aspetto: quello del maggior ricorso all’out of pocket e alle assicurazioni sanitarie. Nel 2021 la composizione della spesa sostenuta per visite ed accertamenti diagnostici si sposta di alcuni punti percentuali da prestazioni a carico del SSR o gratuite a quelle sostenute interamente dal singolo o coperte da rimborsi totali o parziali da parte di assicurazioni private.

 In Piemonte, nel triennio considerato, scende dal 27% al 22% la quota di quanti dichiarano di non aver pagato nulla per una visita specialistica e dal 29% al 26% la quota di coloro che sono riusciti ad ottenere la prestazione pagando il ticket. Analoghi risultati emergono tra chi ha rinunciato ad un esame diagnostico: la quota di quanti hanno ricevuto la prestazione gratuitamente scende dal 38% al 33% e dal 39% al 37% la quota di quanti hanno avuto accesso pagando il ticket.

 Rispetto al 2019 aumenta invece la quota di persone che dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia le visite specialistiche (dal 37% nel 2019 al 43% nel 2021) sia gli accertamenti diagnostici (dal 17% al 22% nello stesso periodo).