I numeri non mentono, facendo giustizia di tanta propaganda. In aprile, ha registrato l’Istat nel suo ultimo bollettino statistico (pubblicato il 3 giugno), l’occupazione è risultata ferma rispetto a marzo. Una “stabilità” data dell’aumento dei dipendenti a termine (+0,8%) e degli autonomi (+1,0%), associata alla diminuzione dei dipendenti permanenti (-0,5%). In sintesi: cresce il lavoro precario, arretra quello stabile. Ma anche quello stabile non se la passa bene.

Il recente Rapporto annuale dell’Istat ha rilevato che tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni contrattuali hanno perso il 10,5% del loro potere d'acquisto, a causa della forte crescita dei prezzi. Anche le retribuzioni lorde di fatto per dipendente, che tengono conto degli accordi aziendali e individuali, hanno subito una perdita, seppur più contenuta, pari al 4,4%. Dunque, pur lavorando ci si impoverisce.
Continuando a parlare di “lavoro povero”, uno studio dell’Ufficio economia della Cgil nazionale evidenzia che nel 2023 ben 6,2 milioni di dipendenti del settore privato (35,7% del totale) hanno percepito un salario inferiore ai 15 mila euro lordi annui, quindi neanche mille euro netti al mese.

Nel complesso, i lavoratori che guadagnano meno di 25 mila euro lordi annui sono 10,9 milioni (62,7%).
Concludiamo il cahier de doléances con gli ultimi dati sull’industria metalmeccanica. Nel primo trimestre 2025 le ore di cassa integrazione sono state 101,9 milioni, contro i 67,3 dello stesso periodo 2024, con un incremento del 51,4%. La 174esima analisi congiunturale di Federmeccanica dice anche che aumentano tutte le tipologie di cig: la straordinaria segna +64,6%, quella ordinaria +41,8%